Roma. Ero anche io tra le otto persone chiuse nella stanza del centro di accoglienza. Ci hanno sequestrato, serrando porte e finestre con ogni cosa gli capitasse a tiro, con palanche e chiodi. Ci minacciavano ed era impossibile metter piede fuori”. E il racconto di uno degli impiegati della cooperativa che opera all’interno della struttura per immigrati in via della Riserva Nuova, al Prenestino, e dove ieri un gruppo di ospiti, nigeriani, pakistani e bengalesi si sono rivoltati perché stanchi di una quarantena secondo loro immotivatamente prolungata. “Eravamo in attesa degli esiti dell’ennesimo tampone, che tra l’altro sarebbe arrivato tra oggi e domani. Facendo così, e questo dispiace, hanno rovinato un lavoro fatto in questo centro e nel quartiere da quattro anni”.
“Siamo 400 qui, per 8 positivi tutti gli altri sono in carcere. Non ce la facciamo più, il loro è un business”. E quanto raccontano all’Adnkronos alcuni degli immigrati ospiti del centro di accoglienza, protagonisti della rivolta per poter uscire. “Siamo animali in gabbia – dicono – il cibo è pessimo e lo buttiamo ogni volta – ci danno solo pasta e riso senza nemmeno il condimento. Non c’è acqua calda, ma il problema vero è che con chi lavora qui avevamo fatto un accordo, dieci giorni di quarantena e saremmo stati liberi di uscire. Abbiamo fatto tutti tre tamponi, il 26 settembre primo, l’8 ottobre l’altro e l’ultimo martedì scorso. Non ci è mai arrivato alcun risultato e nel frattempo c’è chi ha perso il lavoro” aggiungono.
C’è chi fa il panettiere, chi l’ambulante a Termini, chi il cameriere in un ristorante. “Senza un contratto perdiamo tutto – incalzano – molti di noi hanno una famiglia nel nostro Paese da mantenere. Come facciamo, bloccati qui?”. (AdnKronos S. M.)